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È il 2011 e il pavimento della Tate Modern di Londra è ricoperto da 100 milioni di semi di girasole in porcellana decorati a mano da 1.600 persone. Si tratta di Sunflower seeds dell’artista cinese Ai Weiwei. Un’opera che riapre uno dei dibattiti più famosi della storia dell’arte: i veri artisti lavorano da soli? 

Oggi vi racconto come la penso e scopriamo insieme quali sono gli esempi che con il tempo hanno dato una risposta.

Assistente dell’artista. Le origini del dibattito

Per trovare le vere radici infatti bisognerebbe fare un immenso salto indietro nel tempo. Fino a quando Platone considerava nella Grecia antica l’arte solo un’imitazione della natura e Aristotele invece cominciava ad attribuire all’artista la responsabilità della creazione dell’opera. 

Ma ciò che in realtà è più importante sottolineare è che fin dall’antichità il pittore o scultore tradizionale è stato sempre giudicato sulla base della sua bravura tecnica. Oggi, invece, sembrerebbe che Ai WeiWei, insieme a Damien Hirst e Jeff Koons lavorino all’idea più che alla realizzazione. 

Tutto questo però si basa soltanto su un’idea romantica che gli artisti del passato non ricevessero aiuto o fossero dei supereroi. In realtà il ruolo dell’assistente dell’artista nella storia dell’arte non è poi così contemporaneo. 

Michelangelo e Boetti

Alla fine della primavera del 1508 uno dei più grandi artisti italiani della storia dell’arte, Michelangelo, iniziava grazie all’aiuto di 4 assistenti uno dei suoi lavori più importanti. La Cappella Sistina a Roma. Non lo aiutavano soltanto nel preparare i colori. Ma anche nel dipingere delle porzioni di affresco che ovviamente da solo viste le dimensioni non sarebbe stato possibile realizzare. 

Esattamente come in pieno ‘900 negli anni ‘70 Alighiero Boetti si faceva aiutare dai suoi assistenti nella realizzazione delle sue opere a biro. Opere che sottolineano la solitudine dell’artista che pensa all’opera d’arte ma anche la ricchezza data dal contributo materiale di chi aiuta nella realizzazione.  

Assistente dell’artista. Rembrandt e il suo laboratorio

E tornando indietro nel tempo in pieno 1600 ad Amsterdam, un altro grande artista Rembrandt portava avanti un simile laboratorio. Qui numerosi assistenti lo aiutavano nella realizzazione delle sue opere. Tanto che oggi molte sono le difficoltà di attribuzione di alcune sue opere minori. Il maestro pensava e disegnava le opere che erano poi abbozzate o addirittura completate nel laboratorio. 

Davanti opere come la Cappella Sistina o Sunflower seeds la riflessione che nasce spontanea è la stessa. Probabilmente se l’artista avesse lavorato da solo al progetto non gli sarebbe bastata una vita intera per realizzare ogni suo dettaglio  a mano singolarmente. 

Una delle contraddizioni attuali e delle valutazioni però che con il tempo sono state fatte è la differenza fra un assistente della scuola di Rembrandt e un impiegato del laboratorio di Koons, Hirst, Eliasson o Gormely. Molti critici hanno sottolineato infatti come lo scopo per il quale le due figure di assistente vengano impiegate sia differente. 

Nella scuola di Rembrandt si iniziava fin da bambini ad acquisire delle competenze che avrebbero portato nei casi più fortunati ad aprire poi un proprio laboratorio. Nel caso degli studi d’artista contemporanei, delle competenze già acquisite in accademia vengono messe in pratica con il fine principale di completare l’opera. In ogni caso, allora come oggi per molti giovani è un primo ingresso nel mondo dell’arte.

Ad esempio, the Matrix III di Antony Gormley. Questa immensa nuvola di ferro, creata con 21 gabbie intrecciate fra loro non si sarebbe potuta realizzare senza l’aiuto di assistenti competenti. Stesso discorso vale per For the Love of God del 2007 di Damien Hirst, un teschio tempestato di diamanti e realizzato grazie all’aiuto essenziale dei gioiellieri Bentley & Skinner di Mayfair.

Qualsiasi aiuto è troppo? Assistente dell’artista.

Però tornando indietro all’idea dell’artista tradizionale che lavora ai suoi progetti da solo per alcuni amanti dell’arte qualsiasi tipo di aiuto è considerabile già troppo. Questo perché si vuole portare avanti l’idea dell’artista come un genio solitario. Ed è vero che ci sono state delle storie di artisti che hanno lavorato da soli per scelta ed espresso così la propria relazione con il mondo, ma per questo non si può assumere che tutti lo debbano fare. 

Quello che è importante considerare secondo me è che non va giudicata sulla base di questo la validità o meno di un’opera d’arte antica o contemporanea.

Se pensiamo ad esempio al cinema, come forma d’arte, non sempre ricordiamo lo sceneggiatore di un film, ma magari lo vediamo per via del regista. Il regista però da solo, senza l’aiuto degli attori, dello sceneggiatore, del direttore della fotografia non avrebbe potuto realizzare il capolavoro per il quale viene ricordato. Stesso vale per la musica, che viene ricordata per via dell’autore che l’ha composta ma non potrebbe essere ascoltata oggi se non venisse eseguita. 

L’idea è quindi che alcune opere d’arte sono fondamentali non solo per l’esecuzione tecnica ma anche e soprattutto per l’originalità del messaggio che vogliono trasmettere. 

La Land Art con Christo

Ad esempio i lavori di Land Art di Christo come Mastaba realizzata al centro di Hyde Park che richiedono l’impiego di materiali, macchinari, assistenti e personale specializzato non esisterebbero se ci dovesse fermare a riflettere esclusivamente sulla possibilità di Christo di realizzare da solo quell’opera d’arte. 

E tra l’altro alcune delle opere e degli artisti che più ho amato nell’arte contemporanea e di cui vi ho raccontato anche qui sul blog e su YouTube sono state realizzate proprio grazie all’aiuto di assistenti. 

Dall’altro lato, come dicevo prima, sarebbe sbagliato assumere che tutti gli artisti abbiano avuto la necessità o la voglia di avere degli assistenti. Ad esempio molti degli artisti impressionisti e postimpressionisti come Gauguin e Van Gogh lavoravano da soli. Questo per via di una scelta personale di espressione e per la tipologia di opere pittoriche che venivano realizzate. 

Assistente dell’artista. Il dibattito nell’arte contemporanea

Non si può assumere per esempio che uno street artist realizzi da solo tutte le sue opere. Molte sono disegnate e dipinte da una singola persona. Ma, ci sono lavori come Tuttomondo di Keith Haring a Pisa che sono stati  invece realizzati grazie all’aiuto di ditte specializzate e giovani studenti.

Stesso vale per la performance art. The Artist is present di Marina Abramovic al Moma nel 2010 per 15 giorni non è stata eseguita soltanto dall’artista. Ma anche da altri performer in diversi momenti dell’esposizione. 

Oppure lo stesso è successo in occasione di lunghe mostre come per l’ultima Biennale d’arte di Venezia nel padiglione di Israele. Alcuni attori performer invitavano infatti gli spettatori a partecipare all’opera sfogando le proprie rabbie all’interno di una finta clinica, ma l’artista ideatore non era presente.

Quindi gli assistenti sono sempre stati una parte fondamentale nella realizzazione di grandi capolavori della storia dell’arte moderna e contemporanea. Ma al tempo stesso non tutte le forme d’arte hanno sempre richiesto la presenza di assistenti. O non tutti gli artisti hanno desiderato lavorare in compagnia. 

Per questo motivo non penso sia corretto che i veri artisti lavorino da soli, ma neanche il contrario. Voi cosa ne pensate? Fatemelo sapere lasciando un commento sotto il video di YouTube o tramite messaggio su Instagram.

Grazie e alla prossima!

Ciao, se hai suggerimenti e consigli contattami sui social. Mi trovi sempre su Instagram, Facebook e Twitter. A presto!