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Olympia di Manet del 1863 è una delle opere più provocatorie dell’arte dell’Ottocento. Ed è conservata in uno dei miei musei preferiti di Parigi, il Musée d’Orsay

Il soggetto dell’opera

Questo quadro provocatorio ha contribuito ad affermare Manet come una degli artisti più influenti della scena artistica francese dell’Ottocento. L’artista ha infatti introdotto un modo nuovo di rappresentare i temi tradizionali. Non c’era nulla di insolito nella nudità stessa: scene leggermente erotiche di antiche ninfe e dee erano comuni nelle sale espositive francesi. Tuttavia, Olympia non rientra in questa categoria. Il modello nel dipinto potrebbe imitare la posa della Venere di Urbino di Tiziano, ma con un fare molto meno rispettabile. Agli occhi della critica, Olympia era troppo moderna, troppo brutta, troppo reale e, come tale, un affronto alla morale pubblica.

Manet contro l’Accademia

Per gran parte del XIX (diciannovesimo) secolo, gli standard nell’arte francese erano controllati rigidamente. 

Gli artisti che desideravano esporre le loro opere alla mostra pubblica ufficiale a Parigi, chiamata Salon, dovevano presentare le loro candidature a una giuria. Nel 1860, il risentimento verso questa procedura e l’accademia stessa stava crescendo. Quello che non veniva accettato dagli artisti in particolare era il forte controllo. 

Nel 1863 viene concesso il permesso per un Salon des Refusés (“Salone dei rifiutati” letteralmente). Il Déjeuner sur l’herbe di Manet, nel 1863, diventa la star dello spettacolo. I critici lo ridicolizzano, ma l’opera porta in pochi giorni all’artista una fama mai avuta.

Olympia di Manet al Salon des Refusés del 1865

Più o meno nello stesso periodo Manet dipinge anche un’altra opera: Olympia. Decide però di non presentare il quadro fino al 1865. Anche questa volta il quadro viene accettato al Salon des Refusés ma, come con Déjeuner sur l’herbe, la reazione della critica è ostile. Questo è dovuto in gran parte alla sovversione del processo accademico da parte di Manet. Entrambe le immagini erano vagamente basate su famosi dipinti rinascimentali. Ma Manet viene anche influenzato dalle tendenze realiste introdotte per la prima volta intorno al 1850 da Gustave Courbet. Courbet sosteneva che l’arte poteva rappresentare solo “oggetti reali ed esistenti”.

Manet, quindi, riprende i suoi modelli rinascimentali e li traduce in scene di vita moderna. Per Olympia, non poteva rappresentare una dea nuda e distesa, quindi trasforma il suo nudo nel più vicino equivalente attuale.

Olympia di Manet e la Venere di Urbino

La fonte di ispirazione per l’Olympia di Manet è senza dubbio la Venere di Urbino di Tiziano. Manet aveva fatto uno schizzo di questo famoso capolavoro durante la sua visita a Firenze nel 1857. 

Non è affatto certo che Tiziano intendesse rappresentare Venere, la figura infatti non è accompagnata da nessuno dei suoi attributi tradizionali e mitologici. Però, il sorriso timido della donna indica una relazione con lo spettatore. non troviamo lo stesso sorriso in Olympia di Manet. Non c’è nessuna traccia di empatia nell’espressione della modella. Invece, il suo sguardo è freddo e diretto, come se stesse fissando un estraneo.

I dettagli dell’opera

La modella

Per quest’opera così rappresentativa Manet ha fatto posare la sua modella preferita, Victorine-Louise Meurent, per trasmettere la sua visione di Olimpia.

Non era la prima volta che Manet la rappresentava nuda in una sua opera. Victorine è infatti era diventata famosa per essere la protagonista di un’altra opera di Manet: Déjeuner sur l’herbe.

Meurent non era una bellezza convenzionale, ma la sua personalità ha creato l’effetto desiderato dall’artista. Il suo sguardo sicuro di sé ha infatti scioccato per anni il pubblico parigino, rafforzando l’impressione che il soggetto di Manet fosse una prostituta. In realtà la stessa Meurent era una pittrice e molte delle sue opere sono state esposte al Salon.

Il corpo della donna

Oggi sembra sconvolgente che una delle critiche più forti sia stata fatta a Maneta a causa del corpo della donna. Gli amanti dell’arte del tempo erano abituati a vedere nelle opere delle figure di donna arrotondate e idealizzate. Così non è per Olympia, il suo corpo viene infatti giudicato al tempo troppo realistico. 

Inoltre, alcuni critici dell’epoca hanno disprezzato il colore con il quale il corpo della ragazza viene rappresentato. Troppo giallo, quasi arancione, veniva considerato “sporco” per il gusto del tempo. 

Le scarpe di Olympia di Manet

Una delle scarpe di seta che la ragazza indossa è scivolata via dal suo piede. Fin qui nulla di strano a nostri occhi. Eppure Manet non rappresenta nulla casualmente in questa stupenda opera. Indossare una singola pantofola era un simbolo convenzionale di innocenza perduta. Manet quindi con questo dettaglio apparentemente insignificante vuole in realtà raccontare una storia. Di conseguenza, questo particolare ha soddisfatto i critici dell’epoca che volevano insinuare quanto questa rappresentazione fosse immorale. 

La mano di Olympia di Manet

Il gesto femminile della Venere che copre le sue nudità era molto diffuso nell’arte accademica di ispirazione classica. Che fosse in piedi o distesa nel nudo femminile questo timido gesto è una caratteristica tipica della Venera pudica. Ma anche se la posa era estremamente comune, il suo effetto nella Olympia di Manet è sconcertante. La donna infatti non ha affatto uno sguardo intimidito, al contrario è sicura di sé e delle sue azioni, per nulla pudica. 

Il mazzo di fiori

Un’altra caratteristica comune delle opere di nudo femminile era la rappresentazione nella scena di allusioni sessuali. Nel ritratto del nudo femminile, agli artisti spesso piaceva intensificare l’umore erotico del loro lavoro includendo altre forme di stimoli sensuali. Quindi, la rappresentazione di tessuti costosi e fiori esotici ha sempre evocato nell’arte i sensi del tatto e dell’olfatto. Per i contemporanei di Manet, però, il mazzo di fiori di Olympia ha un altro significato, più sgradevole. I critici infatti lo hanno interpretato come il dono di un ammiratore o addirittura di un potenziale cliente.

Il gatto nero

Nella Venere di Urbino di Tiziano, alla quale quest’opera si ispira con un linguaggio moderno, la donna era accompagnata da un cane. Il cane che dorme ai piedi del suo letto però in quel caso è il simbolo tradizionale della fedeltà coniugale, tra moglie e marito. Il gatto nero protagonista dell’Olympia di Manet invece ha sempre avuto sfumature più sinistre. Ciò che ha fatto più parlare la critica è la posizione dell’animale, che al contrario del cane che dorme, non è affatto tranquillo, ha piuttosto la schiena arcuata. Questo per simboleggiare che non ha timore dello spettatore, ma al contrario è pronto a difendere la padrona. 

La tenda sullo sfondo

Un altro particolare che richiama la Venere di Urbino di Tiziano è sicuramente la tende nell’angolo in alto a sinistra dell’opera. Entrambe di un forte colore verde bottiglia. 

L’impatto morale della Venere di Urbino di Tiziano però era stato mitigato dal fatto che il nudo era collocato in una grande camera ben arredata. 

Al contrario, Olympia è compressa in uno spazio estremamente superficiale. Le tende scure e lo schermo bloccano qualsiasi dettaglio di sfondo, costringendoti a concentrarti esattamente sulle provocatorie connotazioni sessuali della modella e del suo letto sgualcito. Non c’è un vero sfondo, un secondo piano, e la nostra attenzione si concentra anche grazie alla cornice creata dalla tenda sulla protagonista dell’opera. 

Olympia di Manet. La tecnica di realizzazione

Il pubblico parigino era principalmente indignato dalle implicazioni morali del lavoro di Manet. Ma molti critici erano anche sconvolti dalla tecnica dell’artista. I visitatori del Salon erano abituati a vedere un alto grado di finitura nei loro dipinti. I toni della carne, in particolare, dovevano mostrare una levigatezza simile allo smalto, anche se visti da molto vicino. Manet, tuttavia, prestava relativamente poca attenzione a queste caratteristiche della modellizzazione e della gradazione tonale. Invece, tendeva ad appiattire le sue figure e il loro spazio circostante. 

Manet amava anche strutturare le sue composizioni attorno a potenti contrasti di luci e ombre, un modo di rappresentare preso in prestito dall’arte spagnola. I critici hanno riconosciuto la sua abilità in questo senso, ma si sono lamentati della mancanza di dettagli nei suoi sfondi cupi.

Edouard Manet. La storia dell’artista

Una delle figure chiave dell’arte del XIX (diciannovesimo) secolo, Manet ha guadagnato una reputazione scandalosa a causa del realismo delle sue opere. E i suoi lavori lo hanno avvicinato agli impressionisti, anche non è mai stato un membro ufficiale del gruppo.

Manet proveniva da una famiglia benestante e fin da ragazzo aveva ricevuto un’educazione artistica. In particolare, aveva lavorato con un artista accademico di grande successo Thomas Couture. Couture aveva studiato a fondo i vecchi maestri e desiderato ardentemente il riconoscimento al Salon, l’ente espositivo più prestigioso di Francia. 

Nonostante queste esperienze legate alla tradizione artistica più radicale, Manet ha realizzato opere controverse e originali. Agli inizi del 1860, l’artista acquista una notevole notorietà quando Déjeuner sur l’herbe e Olympia vengono fortemente criticati come opere immorali. 

Ma con il passare degli anni, Manet diventa un punto di riferimento per molti artisti più giovani di lui e soprattutto per il movimento impressionista. Con loro non condivideva l’entusiasmo per la pittura all’aria aperta. Le sue scene memorabili della moderna vita parigina si sono rivelate, però, fonte d’ispirazione per gli artisti del movimento.

Copertina: Edouard Manet, Olympia, 1863, Museo d’Orsay, Parigi

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