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Allegoria della pittura di Vermeer. Uno studio d’artista in pieno Seicento che sembra quasi una fotografia. Tutto dà l’idea di essere vero. Eppure non si tratta del racconto di un episodio, né della descrizione di un particolare studio d’artista. Si tratta della glorificazione della pittura. Io sono Clelia e oggi scopriamo l’Allegoria della Pittura di Johannes Vermeer. 

Allegoria della pittura di Vermeer | Cosa vuol dire?

Ad una prima occhiata quest’opera è così realistica che sembra davvero una foto:  dalle pesanti tende sulla sinistra alla mappa spiegazzata sullo sfondo fino al lampadario che scende dal tetto. Ma ovviamente non lo è. Si tratta piuttosto di una Allegoria, cioè semplicemente la personificazione di un concetto astratto.

Come lo capiamo? Dagli elementi che Vermeer inserisce. L’indizio principale è il pittore a lavoro e il modo in cui è vestito: un abito piuttosto scomodo per dipingere quotidianamente. Un vestito elegante con alcuni tocchi alla moda del tempo, come la calza arancione. Di fronte a lui la modella, forse sua figlia vestita da Clio, la musa della storia, la cui tromba proclamerà la fama del pittore.

E in effetti, così è stato per Vermeer, diventato oggi uno dei pittori più famosi al mondo, nonostante siano arrivati fino a noi solo una trentina dei suoi quadri. Il suo lavoro però  non viene immediatamente riconosciuto, probabilmente a causa dell’alta quantità dei lavori degli artisti olandesi del suo tempo, quello che probabilmente un gallerista di oggi chiamerebbe saturazione del mercato. 

Théophile Thoré e la scoperta delle opere di Vermeer

Per Vermeer tutto cambia duecento anni dopo la morte, nel 1860. Il suo lavoro viene riscoperto e le sue opere emergono rispetto a quelle dei contemporanei. Tutto questo grazie ad uno scrittore e critico d’arte francese Théophile Thoré che innamorato delle sue opere comincia a cercarle ovunque in giro per il mondo riuscendo ad identificare circa due terzi dei Vermeer che oggi conosciamo. 

E l’Allegoria della Pittura fra questi ha un posto speciale, non solo nell’arte ma per lo stesso Vermeer. La storia racconta che è stata realizzata in seguito alla visita andata un po’ a vuoto di un esploratore francese a Delft. Nel suo diario l’esploratore infatti racconta di essere passato l’11 agosto del 1663 dallo studio di Vermeer. Qui purtroppo nessun quadro è in esposizione quindi si trova costretto ad andare dal panettiere del paese che possiede una delle opere dell’artista per poterla vedere. Vermeer un po’ scottato dalla situazione decide quindi di realizzare alcune opere da tenere nel suo studio. L’allegoria della pittura ha di certo fra queste un significato particolare per Vermeer che probabilmente l’ha realizzata come dimostrazione delle sue capacità e dell’importanza del suo lavoro.

Allegoria della pittura di Vermeer | Dettagli

Il pittore seduto

La figura del pittore è stata spesso descritta come un autoritratto. In realtà, non abbiamo modo di dirlo, perché lo vediamo solo di spalle e rivela pochissimo del suo aspetto fisico. Tra l’altro non ci sono ritratti innegabilmente autentici di Vermeer con i quali fare un confronto. Tuttavia, la figura forse riflette i metodi di lavoro di Vermeer ad esempio l’abitudine di sedersi davanti al cavalletto piuttosto che stare piedi. E quella di usare un bastone con un’estremità imbottita su cui l’artista può fissare la mano che tiene il pennello quando dipinge passaggi molto dettagliati e vuole essere particolarmente preciso. E in questo momento il dettaglio che sta realizzando è proprio la corona di alloro che la modella di fronte a lui indossa.

La musa Clio nella Allegoria della pittura di Vermeer

Sta posando come musa. La si riconosce dagli oggetti che ha con se. Indossa infatti i tipici abiti solitamente associati a Clio, dea della creatività e dell’ispirazione. Musa figlia di Zeus e Mnemosine, il suo nome viene da κλείω che in greco significa “rendere famoso”. Stessa radice del verbo “cluere” da cui Clelia. 

Ma tornando alla nostra musa della storia in Vermeer, la riconosciamo grazie a diversi simboli. La corona d’alloro simboleggia la gloria, la tromba rappresenta la fama e il libro indica il rimanere conosciuti nella storia. Ma perchè Vermeer ha scelto proprio questi oggetti? E come fanno gli artisti di questo periodo in tutta Europa ad utilizzare la stessa simbologia in rappresentazioni come questa? è semplice. Molti di loro consultano un vero e proprio manuale. Un saggio scritto tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento da uno studioso italiano Cesare Ripa. Un testo che anche Vermeer probabilmente conosce grazie ad una traduzione olandese che in molti artisti del periodo possiedono nei loro studi. 

La maschera di gesso

Sul tavolo di fronte alla donna in posa come Clio c’è una maschera di gesso. Sebbene possa essere interpretata come un semplice oggetto dello studio, una maschera può avere vari significati e associazioni nell’arte. In questo contesto, è quasi certamente destinata a simboleggiare l’imitazione. “Iconologia” il testo di Cesare Ripa parla infatti della maschera come uno degli attributi della personificazione della pittura.

Le tende e la composizione

Ma questi simboli non sono gli unici elementi comuni ad altre opere del periodo che Vermeer utilizza. Gli artisti olandesi spesso infatti inseriscono nelle loro rappresentazioni di interni delle tende molto pesanti. La tenda fa da quinta dando a noi la sensazione di prospettiva e profondità dello spazio. E inoltre, contribuisce a creare un senso di intimità come se stessimo sbirciando un mondo privato. Questo genere di decorazione offre anche ai pittori l’opportunità di mostrare le loro abilità nella rappresentazione di tessuti complessi. E nessuno in questo è migliore di Vermeer, che trasmette in modo molto convincente la pesantezza del tessuto.

Tra l’altro la maggior parte delle volte le tende nelle opere sono tirate per fare entrare la luce dalla finestra e lo stesso Vermeer ha utilizzato questo elemento anche in altri suoi lavori.

Il pavimento a scacchi e la prospettiva

Un altro elemento dell’opera che ci aiuta visivamente ad avere un’impressione di profondità della stanza è il pavimento a scacchi che si trova in molti dipinti di Vermeer. Probabilmente uno dei piani della sua casa ha proprio questo pavimento e lui lo usa come modello. 

Ma come fa a creare questo pavimento così dritto? Circa una dozzina di dipinti di Vermeer hanno segni di spillo (di solito visibili solo ai raggi X) nel punto di fuga dello schema prospettico, indicando che Vermeer ha allungato una corda lungo la tela da questo punto per aiutarlo a creare con precisione il motivo del pavimento.

Il lampadario e la camera obscura

Vermeer tra l’altro è davvero un artista attento e che sa il fatto suo. Non ci sono suoi disegni noti ed è probabile che proprio come il pittore che ritrae qui  anche lui disegni direttamente sulla tela preparata anziché fare schizzi preliminari su carta. E quasi certamente usa un dispositivo chiamato camera obscura.

Si tratta di un apparato che funziona secondo lo stesso principio della macchina fotografica, ma che proietta l’immagine di una scena su una superficie di disegno o pittura. Molti studiosi hanno ipotizzato che Vermeer lo usi per via dell’effetto sul lampadario in alto. Un oggetto interessante per l’aquila a due teste, simbolo del Sacro Romano Impero asburgico, che rappresenta gli ex sovrani dei Paesi Bassi.

La mappa dell’Olanda

E sul muro accanto si trova appesa anche una mappa. è una mappa dell’Olanda pubblicata nel 1636. Potrebbe essere un’allusione patriottica alla storia del paese di Vermeer, la Repubblica olandese, che è mostrata a destra della piega centrale. 

Il racconto della vita di Vermeer

E per quello che si sa Vermeer ha trascorso tutta la sua vita nella città di Delft, in Olanda. Una città che in quel periodo, in pieno Seicento, è la quarta più grande della Repubblica olandese e un importante centro commerciale e culturale.

Non si sa moltissimo della sua vita personale, ma probabilmente è un artista molto rispettato dai colleghi del periodo, tanto da essere eletto per ben due volte Governatore della Gilda dei Pittori.

Lavora anche come commerciante d’arte, ma ha serie difficoltà a sostenere la sua famiglia. Tanto che quando muore lascia la moglie e gli undici figli con debiti incredibili. Tutto questo non perché la sua arte non è del tutto apprezzata ma probabilmente a causa della crisi nella vendita di opere d’arte causata dalle guerre tra Olanda, Francia e Inghilterra.

Allegoria della pittura di Vermeer | La storia dell’opera

Allegoria della pittura di Vermeer nella collezione di Dissius

Ma nonostante i debiti Vermeer non si separa mai dalla sua Allegoria della pittura e anche dopo la morte sembra che l’opera sia ancora nella collezione di famiglia ereditata dalla moglie. E la storia dell’opera dallo studio dell’artista fino al Museo di storia dell’arte di Vienna, dove si trova oggi è davvero interessante. Si sa che la vedova dell’artista coperta dai debiti è costretta a venderla. Per più di un secolo non si sa che fine abbia fatto, scompare. Si ipotizza che sia stata ereditata dal più grande collezionista di opere di Vermeer Jacob Dissius, un tipografo che alla sua morte possedeva poi ben 21 opere dell’artista andate in asta. Tra l’altro di queste solo 15 sono riconosciute come attualmente esistenti quindi chissà che fine hanno fatto le altre 6. 

La famiglia Czernin e la collezione di Hitler

Fatto sta però che l’opera ricompare nel 1813 quando viene comprata da un aristocratico austriaco: il conte Czernin, ma non come un Vermeer. Come il lavoro di un altro artista olandese Pieter de Hooch. Cosa che dovrebbe essere assurda dato che la firma di Vermeer è presente nel quadro. Ma a quanto pare dato che al tempo le opere di Pieter de Hooch hanno un valore superiore qualcuno forgia l’opera e applica una finta firma. 

Rimane nella collezione della famiglia Czernin per anni e anni, fin quando non passa nelle mani di Hitler. Una storia questa della collezione di Hitler, che potrebbe suonare simile a quella del ritratto di Adele Bloch Bauer di Klimt di cui ho parlato tante volte, ma così non è. Dopo la guerra la famiglia Czernin vorrebbe riavere indietro ciò che secondo loro gli spetta di diritto. L’opera del resto è appena stata ritrovata in una miniera di sale e riportata in Austria, ma si viene a scoprire che la famiglia ha volontariamente venduto a Hitler l’opera e questa non è stata confiscata quindi la causa è chiusa e l’opera finisce nel Museo di Vienna.

Se sei arrivato fin qui benvenuto nel #arteclub per tutti gli appassionati d’arte che hanno voglia di scoprire qualcosa in più sull’opera o l’artista del giorno. Lascia un commento qui sotto con l’hastag #arteclub e preparati per scoprire la chicca del video di oggi.

Uno dei più grandi artisti surrealisti del ‘900 ha realizzato un’opera omaggio della Allegoria della pittura. Salvador Dalì ha infatti realizzato nel 1934 “Il fantasma di Vermeer di Delft che può essere usato come tavolo”.  Per molto tempo si è pensato che il pittore di spalle sia lo stesso Vermeer e Dalì lo rappresenta inginocchiato con una delle due gambe così lunga da diventare un tavolo. Lo si riconosce dai vestiti. Alcuni elementi dell’opera di Vermeer cambiano completamente posto in quella di Dalì. Ad esempio una delle scarpe sulla destra oppure il bastone che diventa una stampella. 

E questa non è neanche l’unica opera di Dalì che racconta della sua ammirazione per il pittore olandese. Ne ha realizzate moltissime, alcune come questa completamente surrealiste e altre invece più vicine all’originale. 

E se questo racconto ti è piaciuto dai un’occhiata ai video sul mio canale Youtube per non perdere i prossimi video sulle opere d’arte più interessanti nella storia. Ti consiglio inoltre di leggere il mio pezzo su il Viandante sul mare di nebbia oppure a quello sulle 20 opere che hanno fatto la storia degli ultimi 20 anni

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