Una donna nuda sembra fare un picnic all’aria aperta con due uomini completamente vestiti. Dietro, una donna vestita in modo poco attraente si bagna in un ruscello. Gli uomini stanno chiacchierando, e sembrano ignorare la donna nuda accanto a loro, che guarda fuori dalla tela direttamente lo spettatore.
Rifiutato dalla giuria del Salone di Parigi del 1863, quest’opera di Manet viene invece esposta nello stesso anno al Salon des Refusés, un salone alternativo per coloro a cui è stato negato l’ingresso al Salone ufficiale. con il titolo Il bagno, il dipinto provoca offesa, ostilità ma anche allegria tra i visitatori. E lo scandalo che provoca mette il pittore, sotto i riflettori del grande pubblico.
Il lavoro rompe con quasi tutte le convenzioni artistiche del periodo. Una donna nuda seduta con uomini completamente vestiti è un insulto agli spettatori rispettabili. L’abbigliamento moderno degli uomini fa capire per certo che il dipinto non è un’allegoria, e l’implicazione è che le donne non sono dee ma forse prostitute. Altrettanto sgradevoli per gli spettatori dell’epoca sono le tecniche di Manet.
Trascurando i metodi di pittura tradizionali, lascia segni di pennello visibili e macchie vuote sulla tela, e crea la sensazione che la luce sia artificiale, dipinta nel suo studio, nonostante la scena sia ambientata all’aria aperta.
Non ci sono ombre e anche se Manet fa un tentativo nel suggerire profondità, le figure sembrano piatte. L’applicazione del colore da parte di Manet è abbozzata e non ci sono sottili transizioni tra luce e buio. Solo la natura morta della frutta, del pane e dei vestiti della donna in primo piano è convenzionalmente dipinta, ma la prospettiva è alquanto confusa. La bagnante sullo sfondo è troppo grande, in relazione sia alla barca vicina che alle altre figure. Non c’è un senso di distanza e la sua forma sembra quasi galleggiare.
Tuttavia, Manet basa il dipinto su due immagini molto rispettate del Louvre che ha copiato durante i suoi giorni da studente: il concerto campestre (1509) di Tiziano, attribuito all’epoca a Giorgione; e Il giudizio di Paride (c.1510-20), un’incisione di Marcantonio Raimondi basata su un disegno di Raffaello.
La modella nuda è Victorine Meurent, che Manet ritrae regolarmente. Il suo sguardo diretto allo spettatore ci racconta della sua mancanza di modestia e il suo corpo è completamente illuminato, quindi nessuna ombra nasconde l’impatto della sua nudità. La figura maschile a destra è basata su una combinazione dei due fratelli di Manet, Eugène e Gustave, mentre l’altro uomo si basa su un ritratto di suo cognato, lo scultore olandese Ferdinand Leenhoff.
Infine, la grande dimensione della tela è assolutamente non convenzionale e solitamente usata solo per temi storici, religiosi e mitologici, non per qualcosa che agli occhi dei contemporanei risulta così banale (e scioccante) come quest’opera. Ma che in realtà è la rappresentazione della definizione stessa di rivoluzione nell’arte!
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