Il post di oggi è dedicato a Antony Gormley, un artista inglese che io ho riscoperto attraverso una sua mostra personale qui alla Royal Academy of Arts di Londra e che mi ha entusiasmato.
La mostra alla Royal Academy su Antony Gormley se si vuole conoscere o riscoprire come me l’artista è davvero l’occasione perfetta. Non si tratta di una vera e propria antologica, come è la mostra di Eliasson alla Tate Modern di cui vi ho parlato in un altro video, ma di certo racconta davvero bene il percorso dell’artista e le ragioni del suo creare opere d’arte.
Antony Gormley opere
Gormley infatti è nato a Londra nel 1950 e da sempre ha posto alcuni temi fondamentali al centro dei suoi lavori. Uno di questi è il corpo umano inteso non soltanto come lo spazio che noi per primi abitiamo ma anche come quel qualcosa che ci accomuna tutti e per questo ci fa sentire vicini.
Il corpo umano viene descritto da Gormley come un luogo: il luogo delle nostre esperienze e delle nostre emozioni. Un vero e proprio regno che noi governiamo e che ci permette di dialogare con lo spazio al di fuori di noi e con i nostri simili.
Iron Baby
Ho trovato geniale che il percorso della mostra inizi all’esterno della Royal Academy con un’opera a cui chiunque può accedere: Iron Baby del 1999.
Si tratta di una piccolissima scultura in ferro che prende le forme del corpo umano di un neonato. Un piccolo essere rannicchiato sul pavimento che si perde quasi nel grande cortile dell’Accademia. Il modello per la creazione dell’opera è stata la figlia dell’artista, dopo soli 6 giorni dalla sua nascita. E l’opera descrive tutto il potenziale che c’è in ognuno di noi. Il piccolo corpo sul pavimento è stato paragonato da Gormley a una bomba, a un elemento di potenziale energia. Un’energia che può positivamente crescere dentro di noi anche quando sembriamo così indifesi.
Antony Gormley opere. Slabworks
E il tema del corpo umano continua all’interno delle sale della mostra. Viene accomunato e legato a mille altri elementi che fanno parte della nostra quotidianità. In un’opera come Slabworks, ad esempio, ci si ritrova a vagare fra 14 sculture in ferro che sembrano formare una città fatta di palazzi, ma che in realtà viste da vicino assomigliano più a corpi assemblati intenti in mille azioni diverse, chi in piedi o chi coricato sul pavimento. E si ha quindi come la sensazione di visitare una città fatta davvero da esseri umani.
Questo lavoro come altri, soprattutto fra quelli iniziali della sua carriera degli anni ‘70 e ‘80 hanno un forte legame con la storia dell’arte e altri movimenti del ‘900 che l’hanno caratterizzata. Primi fra tutti l’Arte Povera e la Land Art. Essendo appassionata dei lavori di Alighiero Boetti non ho potuto non notare alcune similitudini fra le sculture di Gormley e opere come Io che prendo il Sole a Torino il 19 gennaio del 1969.
One Apple
Lavori come One Apple degli anni ‘80 sottolineano questo interesse verso i temi della creazione e dello sviluppo non solo umano ma anche della natura. L’opera consiste di 53 forme di piombo che registrano la crescita di una mela dallo stadio iniziale del seme fino al frutto maturo. La stessa mela che è famosa nel nostro immaginario come il frutto del peccato di Eva da cui ha origine l’uomo.
Antony Gormley opere. Fruits of Earth
E sempre sul tema dell’origine della Terra un’opera interessante è di certo Fruits of Earth (Frutti della Terra). Per capire al meglio questo lavoro bisogna fare un salto indietro nella storia. Mentre infatti uno dei temi principali affrontati dalla generazione di artisti successiva a Gormley come Eliasson è quello del cambiamento climatico, il tema principale degli anni ‘90 era la guerra fredda e la possibilità del vedere scomparire se stessi e il mondo a causa del nucleare. Così in quest’opera vengono messi insieme quelli che per Gormley allora erano i tre frutti della Terra: un macete, un revolever e una bottiglia di vino.
Mother’s pride
Ma anche nei primi lavori non può non mancare il tema della presenza dell’essere umano in opere come Mother’s pride, dove un corpo viene ricreato attraverso delle fette di toast che sembrano essere state appena consumate.
Antony Gormley opere. Clearing VIII
Un punto cruciale delle opere di questo artista che io ho sempre amato è quello dell’interazione attraverso le opere con lo spazio. Questo è il caso di Clearing VIII, ad esempio, dove il visitatore per potersi spostare da una sala alla successiva è invitato ad attraversare un groviglio di tubi. Ogni passo rischia di farci inciampare o intrappolarci nella rete, ma al tempo stesso è una possibilità di scelta che viene data dove ognuno è libero di creare il proprio percorso e quindi di essere se stesso, senza giusto o sbagliato. Scegliere una strada richiederà però un coinvolgimento fisico ed emotivo.
Subject II
In mostra, il traguardo che si raggiunge appena fuori da quest’opera è una sala che risulta al contrario completamente libera quasi vuota e dove al centro è presente solo una scultura. La stilizzazione di un essere umano che guarda verso il pavimento, come se non volesse incrociare lo sguardo del visitatore. Questa è la prima vera scultura di essere umano che si incontra dopo la bambina del cortile e sembra quasi un’evoluzione nella sua forma di adulto.
Matrix III
Riuscire a tornare di nuovo indietro, non è semplice ma ne vale la pena per entrare all’interno di un’altra opera installazione: Matrix III. Un’immensa nuvola di ferro, creata con 21 gabbie della dimensione ognuna di una stanza, intrecciate fra loro per proteggere un’area centrale, nel cuore dell’opera. Gormley lo chiama ‘Lo spazio dei sogni’ e ha le stesse dimensioni di una camera da letto standard occidentale. Lo spazio che ospita il nostro corpo quando sognando siamo catturati dal labirinto della nostra mente.
Antony Gormley opere. Lost Horizon
E il momento del sogno, in cui il nostro corpo diventa lo spazio della nostra mente per ricreare una nostra realtà, è il tema dell’opera che io ho più amato: Lost Horizon del 2008. Già dal titolo si capisce come lo spazio in cui questi corpi sono immersi sia surreale. Non c’è gravità e orizzontale, verticale e diagonale diventano solo delle parole. Con la nostra mente possiamo andare oltre le strutture convenzionali e creare durante il sogno mondi paralleli che ci appartengono. Quindi quando chiudiamo gli occhi, ci apriamo in realtà ad un nuovo mondo, in cui non abbiamo più bisogno dell’orizzonte per orientarci.
Molte delle opere di Gormley consistono in sculture come queste presenti in mostra ma in spazi all’aperto. La maggior parte delle volte il modello per la creazione è lo stesso artista e in base alla presenza e posizione delle opere nello spazio si può percepire una vera e propria interazione fra le sculture. Se si tratta di una allor si avrà una sensazione di solitudine, se si tratta di diverse come in questo caso allora sarà l’idea di collettività e il legame del singolo con gli altri a essere messo in evidenza.
Concrete Works
Un altro genere di lavori sul tema del corpo umano è quello dei blocchi di cemento: Concrete works degli anni ‘90. Ad una prima occhiata questi blocchi sul pavimento non sembrano nulla di diverso da quello che sono materialmente quindi blocchi di cemento. Avvicinandosi, poi, ci si rende conto del passaggio dell’uomo. Alcuin infatti sono caratterizzati dal calco di mani, piedi o altre parti del corpo. Il passaggio dell’uomo si manifesta attraverso le sue impronte ma rimane al tempo stesso assente.
Dando un’occhiata ai mille notebook di Gormley si potrebbe pensare che i suoi lavori si basino esclusivamente o per lo più sui disegni. In realtà non è così. Si racconta infatti che non esistano studi preparatori delle sue opere, ma che ogni singolo pezzo sia disegnato fuori dal suo contesto e poi varie parti vengano assemblate, come pezzi di un puzzle immaginario nella mente dell’artista. Dove comunque il corpo umano è sempre il protagonista principale.
Host
Un essere umano che nell’ultima sala della mostra scompare per dare spazio al corpo del visitatore. Attraverso i propri sensi si percepisce immediatamente anche a distanza di alcune sale la presenza dell’opera Host del 2019. Si tratta di una stanza allagata alla quale non è possibile accedere ma che è possibile osservare da lontano. In fondo alla stanza una porta, un varco immaginario che non ci è possibile attraversare ma che apre la nostra immaginazione.
Ogni elemento dell’opera e in particolare l’acqua dà un nuovo senso alla stanza che diventa umida e apparentemente invivibile. Ma che nasconde invece un segreto. Da questa condizione infatti di allagamento, umidità e distruzione nasce nell’acqua la vita.
Conclusioni
Se questo nostro giro insieme per la mostra di Antony Gormley ti è piaciuto ti suggerisco di dare un’occhiata al mio canale Youtube. Anche perché i miei giri per i musei e le mostre sia a Londra che in viaggio non finiscono mai.
La mostra rimarrà aperta fino a dicembre quindi se ti capita di passare da Londra questo potrebbe essere un bell’appuntamento da segnare in agenda.
Grazie della compagnia e a presto!