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Si può visitare la Biennale di Venezia in un solo giorno? Ho sentito questa domanda molte molte molte volte negli ultimi anni e io stessa me lo sono chiesto e l’ho sperimentato qualche anno fa. La risposta è Sì, ma bisognerà fare delle scelte. Io sono Clelia e in questo video vi dò qualche consiglio su come organizzare il vostro giro di un giorno per non perdere i punti più interessanti della Biennale d’arte di Venezia del 2022.

Capisco che non sia sempre possibile organizzare un giro in Biennale di più di un giorno, anche se come ho consigliato in passato e continuerò a fare in futuro secondo me l’ideale sarebbe dedicare un giorno all’Arsenale, uno ai giardini e uno ai padiglioni esterni in città. Detto questo, in un giorno si può vivere l’atmosfera della Biennale e avere più di un assaggio del tema, delle opere e dei padiglioni nazionali.

Se non si vogliono spendere i 26€ del biglietto, allora il mio consiglio è di andare a guardare il video in cui vi racconto il giro dei padiglioni esterni gratuiti. Invece se ci si vuole spostare tra Arsenale e Giardini che sono le due sedi a pagamento abbastanza vicine fra di loro, questo è il posto giusto.

Entrambe le sedi aprono alle 11 e chiudono alle 19 nel periodo estivo, tutti i giorni tranne il lunedì che è giorno di chiusura della Biennale, quindi vi suggerisco di arrivare intorno all’orario di apertura e di iniziare dall’Arsenale, ma con il biglietto in pdf sul cellulare già fatto online così si devono solo superare i tornelli di ingresso.

Arsenale: la mostra “Il Latte dei sogni”

Il titolo è tratto da una serie di storie surrealiste dell’artista del Novecento Leonora Carrington. Sono delle favole che raccontano un mondo immaginario e di creature fantastiche. Esattamente come le creature dell’immaginazione che si ritrovano nelle opere fin dalle prime sale.

L’ingresso è di impatto e si apre con l’artista afroamericana Simone Leigh che ha vinto il Leone d’oro proprio per questa edizione. Il suo lavoro è incentrato sulla rivalutazione della figura della donna e sul concetto di autonomia di scelta e autodeterminazione per tutti noi come società.

Il mio suggerimento di iniziare dall’Arsenale non è casuale, soprattutto nel periodo estivo, perchè lo spazio nella prima parte dedicata alla mostra è completamente al chiuso quindi vi permetterà di evitare di spendere le ore centrali della giornata, tra le 11 e le 12.30 troppo tempo al sole. Per attraversare le sedi e i padiglioni infatti si cammina molto e ci si stanca anche facilmente, quindi se volete godervi le prime ore d’apertura questo è il modo migliore.

Tutta la zona centrale dell’Arsenale è dedicata a questa esposizione generale, e passeggiando consiglio di non perdere il labirinto di terra, spezie e cacao di Delcy Morelos e la grande opera in seta di Emma Talbot. Ma una volta concluso il percorso con le ultime sale-installazioni dedicate a Barbara Kruger e Robert Grosvenor il giardino di Okoyomon, si arriva all’inizio dei padiglioni dell’Arsenale.

I padiglioni da visitare in Arsenale

I padiglioni delle Filippine e della Lettonia

Non si ha il tempo di vederli tutti, quindi il mio suggerimento è di girare subito sulla destra e infilarsi nel padiglione delle Filippine attraversandolo insieme ai due successivi abbastanza velocemente per arrivare così alla Lettonia con le opere di un duo artiste che hanno ricostruito in ceramica una casa studio d’artista e inserito degli elementi di denuncia della violenza sulle donne e omofoba. Lì mi fermerei a dare un’occhiata perchè ne vale davvero la pena per poi proseguire sempre su questo percorso verso Malta. Si entra in una sala buia al centro della quale vi sono delle vasche d’acqua su cui a ritmi alternati cadono delle gocce di acciaio fuso che ai nostri occhi sono però soltanto luci. L’effetto dal vivo è davvero suggestivo!

I padiglioni di Malta e Italia

Dal padiglione di Malta si può uscire direttamente saltando purtroppo un bel po’ di nazioni ma si deve fare una scelta, per andare verso l’Italia. Qui ci potrebbe essere una fila da fare se si va nel weekend, ma scorre velocemente e in ogni caso è imperdibile quindi meglio aspettare qualche minuto ma non saltarlo. Consiste di una gigantesca installazione, surreale e a tratti inquietante, che si attraversa passando da una zona all’altra in silenzio. L’ingresso dà sua una stanza di macchinari abbandonata, che però si ha come la sensazione da piccoli dettagli che non sia del tutto spenta. E così si procede fino al centro della installazione con macchinari da cucito vecchi e in stato di abbandono ma con le luci accese su ognuno di loro. Un vero e proprio viaggio incredibile attraverso un mondo surreale.

Spostarsi dall’Arsenale ai Giardini

Da qui bisogna spostarsi verso i Giardini per poter stare lì almeno un 2/3 ore. Vi consiglio per questo di portare un pranzo al sacco e mangiarlo magari su una panchina stando attenti a gabbiani e piccioni che a Venezia non mancano. Io stessa sono stata attaccata solo qualche giorno fa mentre per strada tiravo fuori dalla borsa un pezzettino di dolce come spuntino.

La distanza a piedi fra le due sedi è di soli 10 minuti quindi si può fare basta seguire il percorso su Google Maps. Arrivati ai Giardini anche qui bisogna fare delle scelte, la temperatura però sono certa sarà scesa essendo ormai primo pomeriggio e sicuramente l’atmosfera sarà piacevole.

I padiglioni da non perdere ai Giardini

Il padiglione della Danimarca

Al posto di iniziare dal viale principale che avrete sulla sinistra vi consiglio piuttosto di proseguire dritto e cominciare dal padiglione della Danimarca. Le opere all’interno sono di forte impatto emotivo, tanto che c’è un cartello all’ingresso che suggerisce di fare attenzione se si è particolarmente sensibili. Io ero indecisa se entrare o meno e alla fine sono andata. Queste sculture metà uomo metà cavallo sono piuttosto realistiche e sembrano appartenere ad un altro mondo ma non così lontano dal nostro.

Il padiglione degli Stati Uniti e del Samì

Uscendo dal padiglione della Danimarca, si raggiungono facilmente quello degli Stati Uniti d’America e dei Paesi nordici. L’America si riconosce al volo grazie all’opera esterna di Simone Leigh che come vi dicevo prima ha vinto il Leone d’oro, ma anche grazie e all’architettura colonialista anni Trenta. Mentre quello dei Paesi nordici quest’anno ha ceduto il posto alla popolazione indigena dei Samì, quindi è un’occasione perfetta per fare un giro e farsi raccontare dalle donne che si trovano all’interno qualcosa in più sulla loro cultura.

I padiglioni di Gran Bretagna, Germania e Francia

Subito fuori dal Samì si ritorna sul viale principale e tutti e tre vicini fra loro ci sono Gran Bretagna, Germania e Francia. Ognuno di loro è unico e per certi versi iconico, quindi non bisogna farseli scappare. In Gran Bretagna, che ha vinto tra l’altro, come miglior Padiglione della biennale, si è immersi in una video installazione dedicata alla libertà delle donne artiste e alla musica. In Germania, si è avvolti da uno spazio vuoto, in cui sono messe in evidenza solo le pareti della struttura originaria come denuncia della trasformazione architettonica degli spazi nel periodo nazista. E infine, in Francia si entra in un set cinematografico, in cui si interagisce con gli oggetti di scena e si ricopre il ruolo di attori immaginari.

I padiglioni di Ungheria e Finlandia

A questo punto usciti dal retro del padiglione della Francia, a pochi passi ci sarebbero l’Australia e l’Israele, ma vi suggerisco di saltarli per andare direttamente in Ungheria e Finlandia. Il padiglione dell’Ungheria, infatti, è finito su molte riviste per via delle opere color pastello dalle forme quasi umane ma fatte di catene e occhi. La Finlandia, invece, vale la pena visitarla per via della sua architettura e per il tema dei lavori legati al concetto di lavoro e sicurezza.

Conclusioni

A questo punto del percorso, molto dipende dall’orario e da quanto tempo si è riusciti ad impiegare in ognuno dei padiglioni. Se si ha ancora una mezz’oretta vi consiglio di dirigervi verso il padiglione centrale dei Giardini e fare lì un giro della mostra collettiva. Se invece non si ha più tempo vi assicuro che già così avrete avuto un’idea generale e più di un assaggio della 59* Biennale di Venezia.

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